C’è un filo sottilissimo tra coscienza e norma, tra legge e desiderio. Il confine è fragilissimo ed è sempre sospeso tra la vertigine della libertà e il baratro della condanna.
Un bene possibile, ma che talvolta appare scomodo e incrinato. E forse l’autenticità risiede proprio tra la cura del dettaglio e lo sguardo ampio e lungimirante.
A Molte Fedi piacciono questi terreni scoscesi, queste creste frastagliate e aguzze da affrontare con perizia ed audacia. Anche quest’anno, infatti, nel cartellone della rassegna troviamo dei testimoni, dei “disobbedienti”: uomini che, pur di rivendicare dei diritti più che mai necessari, scelgono di porsi in conflitto con la legge.
Rivedi la diretta streaming di venerdì 30 settembre con Patrick Zaki in collegamento dall'Egitto.
In studio per Molte Fedi: Martino Rovetta e Giuditta Zambaiti. Traduzione di Paolo Noseda.
L'intervista pubblicata su FAMIGLIA CRISTIANA del 25 settembre
di Roberto Zichittella
Patrick Zaki non è ancora un uomo pienamente libero e il suo destino rimane appeso alle decisioni della giustizia egiziana. Patrick, 31 anni compiuti a giugno, nato da genitori di religione cristiana ortodossa copta, ricercatore all’Università di Bologna, fu arrestato al suo arrivo al Cairo il 7 febbraio 2020 con accuse inverosimili: minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento alle proteste illegali, sovversione, diffusione di false notizie, propaganda per il terrorismo. Dopo un lungo calvario giudiziario, Zaki è stato scarcerato l’8 dicembre 2021, ma non può ancora lasciare l’Egitto. Il 27 settembre è in programma una nuova udienza del processo. Patrick, collegato dal Cairo, porterà la sua testimonianza al Festival della Missione di Milano, il 29 settembre alle 19.
Patrick, come stai, sia fisicamente che psicologicamente?
“Sto bene, ma è pesante per me vedere che sto perdendo un altro anno del mio master perché mi è ancora vietato viaggiare e non so ancora quando mi lasceranno tornare agli studi. Fisicamente sto benissimo, ma mentalmente sono molto ansioso”.
Con quale spirito ti stai preparando ad affrontare l'udienza del 27 settembre?
“La mancanza di risposte e l'incertezza che portano alla stessa conclusione a ogni sessione mi hanno reso indifferente all’udienza. Ogni volta vado sapendo che sarà rimandata ancora una volta e solo Dio sa quando. Ogni volta che vado in tribunale rivivo il mio trauma, quindi spero che il processo finisca presto”.
Come hai trascorso l'estate?
“La mia fidanzata è al Cairo, quindi abbiamo trascorso tutto il tempo insieme alle nostre famiglie e ai nostri amici, abbiamo viaggiato in diverse città balneari in Egitto e siamo andati al cinema. Cerchiamo solo di goderci la compagnia prima che lei parta per l'Italia per continuare il suo master”.
Senti ancora sufficiente sostegno e solidarietà nei tuoi confronti da parte della società civile italiana e del mondo politico?
“Non ho mai smesso di sentire l'amore del popolo e della società civile italiana, ma a questo punto non so quale sia la posizione del governo italiano rispetto al mio caso. Ma l'amore che ricevo dall'Italia è la è la cosa più importante, dopo tutto sono un difensore dei diritti umani egiziano e in tempi di cambiamenti di governo il mio caso non è certo una priorità”.
Riesci a mantenere i contatti con la tua università? Come procedono i tuoi studi?
“Sono riuscito a terminare la parte rimanente del primo anno a distanza e l'università di Bologna è stata di grande supporto, ma probabilmente non sarò in grado di procedere oltre senza poter viaggiare. Dovrei completare il mio master in un'altra università europea perché è un requisito del programma e non credo che potranno fare un'eccezione per me”.
Nelle ultime settimane, le autorità egiziane hanno concesso la grazia presidenziale al giornalista Hisham Fouad e al ricercatore Ahmed Samir Santawi. Tu hai esultato sui social media per questa decisione. Come interpreti questa notizia? Significa che le pressioni della comunità internazionale sul governo egiziano per rispettare i diritti umani funzionano?
“Ovviamente mi sento felice ogni volta che un prigioniero di coscienza viene rilasciato, soprattutto Hisham Fouad e Santawi, perchè il primo per me è un modello e il secondo è un caro amico. Tuttavia, quando Santawi ha cercato di recarsi a Vienna per continuare i suoi studi, è stato fermato all'aeroporto
e gli è stato detto che era stato imposto un divieto di viaggio. È davvero difficile interpretare la situazione con queste azioni contraddittorie, ma è ovvio che una forte e collettiva pressione internazionale può essere l’unica soluzione al momento”.
Chi e cosa ti ha sostenuto maggiormente durante il tuo calvario giudiziario? Quanto è stato importante il supporto della sua famiglia?
“La mia fidanzata, la mia famiglia, i miei amici e il mio lavoro sono le cose più importanti della mia vita. Senza il sostegno della mia famiglia non sarei sopravvissuto a 18 mesi di carcere e senza il lavoro dei miei colleghi dell’EIPR (la ong egiziana impegnata per la difesa dei diritti umani) e dei miei amici in Egitto e in Italia che hanno condotto la campagna, sarei ancora in prigione. Tuttavia, è fondamentale menzionare gli enormi sforzi compiuti dalla mia università e in particolare dalla professoressa Rita Monticelli, l'incredibile sostegno di Amnesty Italia e gli innumerevoli giornalisti, artisti e attivisti che hanno dedicato ore di lavoro per starmi accanto. Infine, l'amore del popolo italiano che ha trasceso non solo il Mediterraneo ma anche le mura del carcere ed è arrivato fino al mio cuore è stato un aiuto enorme”.
Le violazioni dei diritti umani sono continue e diffuse in molti Paesi, e sempre più attivisti vengono presi di mira dai regimi autoritari. Di fronte a ciò, prevale in te lo sconforto o il desiderio di lottare di più.
“Se nessuno si fosse battuto per me, sarei ancora in prigione e avrei perso tutto. Lottare è a volte l'unica scelta finché ci saranno persone prese di mira per aver difeso i loro diritti”.
Che cosa ti auguri per il futuro dell’Egitto, pensi che sia possibile un'evoluzione pienamente democratica?
“Desidero sempre il meglio per l’Egitto. Il mio lavoro e la mia intera carriera si basano sul sogno di un futuro migliore per la mia e le future generazioni in Egitto e nel mondo. Credo che un'evoluzione democratica sia sempre possibile, ma richiederebbe molto lavoro e seri cambiamenti nel sistema”.
Quali saranno le prime cose che farai quando potrai finalmente viaggiare e tornare in Italia?
Andrò direttamente a Bologna, voglio incontrare la Professoressa Monticelli e tutti i miei amici di lì, perché mi mancano molto. Sicuramente porterò con me la mia fidanzata e andrò nella mia gelateria preferita e andremo a piedi in Piazza Maggiore e alla biblioteca universitaria per essere nei luoghi che amo di più”.