Michele Gazich per Turoldo: l'intervista di Eppen

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Sarà all’alba, alle ore 6, il concerto spirituale «Il vecchio e la notte» nel quale Michele Gazich (voce, violino, viola e percussioni psicoacustiche) presenterà l’omonimo brano inedito e un’ampia selezione dal suo repertorio di brani “verticali”. Michele da anni è un amico, e con lui ho dialogato riguardo a questo appuntamento e ai «poeti e i veri artisti che sono sempre imperdonabili. Difficilmente vengono perdonati un cuore puro e uno sguardo onesto e pulito». Con lui Marco Lamberti (chitarra, bouzouki e voce) e Giovanna Famulari (violoncello e voce). Ingresso gratuito, prenotazioni a questo link.

LB: Caro Michele, vorrei partire in questa chiacchierata chiedendoti cosa ha significato per te David Maria Turoldo, tanto da dedicargli un brano – «Il vecchio e la notte» – che presenterai per la prima volta a Fontanella.

MG: Caro Luca, so che Turoldo è per noi una lettura condivisa. Direi anzi che è stato ed è il bordone sempre presente tra me e te: la nota base su cui abbiamo costruito, in più di un decennio, le nostre conversazioni, le nostre opere di scrittura artistica e di riflessione e, in ultima istanza, la nostra vita. Turoldo, credente sul crinale del buio, ha urlato la sua dolorosa fede fino all’ultimo giorno. Il suo buio riusciva faticosamente ad essere un «lucido buio» e la fede in Dio non è mai stata per lui una comoda poltrona in cui sprofondare in quiete meditazioni, ma piuttosto un «dramma». Ben so che entrambi, tu ed io, siamo ciclicamente ritornati a Turoldo con crescente fedeltà e ci siamo fatti turbare dalle non rassicuranti domande dei suoi libri. Sono dunque davvero felice di svolgere proprio con te questa chiacchierata e che l’argomento sia, fatalmente, Padre Davide.

LB: Il brano è a due voci: la tua, che canta parole che hai scritto appositamente, e quella del tuo fidato chitarrista Marco Lamberti, che canta alcuni versi di Turoldo. Ci racconti come è nata la canzone? Peraltro ha una gestazione piuttosto lunga: dal 2017 al 2021…

MG: Il brano è ancora inedito. Mi è piaciuto condividerne l’ascolto in anteprima con te. La prima esecuzione pubblica sarà a Fontanella in occasione del concerto dedicato a Turoldo, che ho intitolato appunto, come la canzone, «Il vecchio e la notte». La canzone è nata e si è sviluppata come nota a margine della mia costante rilettura di Turoldo. Temevo di non concluderla mai! E comunque avrebbe avuto un senso per me: cercavo di far risuonare nella mia anima e nella mia gola i versi di Turoldo. Ho riscritto la musica più volte, nel corso degli anni, puntando a semplificarla progressivamente. Ho poi progressivamente denudato le parole, cercando di spogliarle di ogni sfoggio retorico. Ho cercato «L’osso, l’anima» dentro le parole, per usare l’espressione di un poeta che ho sempre sentito complementare a Turoldo, l’oggi quasi dimenticato Bartolo Cattafi (anche a lui ho dedicato una canzone: «Barcellona, Sicilia», da «La Via del Sale», 2016). Turoldo è presente sia in ciò che canta Marco che in ciò che canto io: alle volte citato quasi letteralmente, alle volte parafrasato, alle volte rivissuto nella mia lingua. La canzone si configura come un dialogo a due voci tra Turoldo e me, ma anche tra me/Turoldo e Dio. Può essere ascoltata e ha senso in entrambe le prospettive. In realtà, però, nella canzone c’è anche una terza voce: il violoncello di Giovanna Famulari, che per me rappresenta quella vibrazione tutta interiore che si produce quando uomo e Dio abitano uno nell’altro. Gli ebrei hanno un’espressione per definire questo stato: «Shekinah».

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