Di / Elena Sarzilla e Noha Tofeile
In ginocchio sui ceci
Il consumo critico è il primo passo per provare a vivere in modo sostenibile.
Va dalla famosa regola delle tre R (riduco, riuso, riciclo) alla scelta dei marchi dei beni di consumo che acquistiamo quotidianamente. Il settore del cibo non è esente da questa attenzione, soprattutto in questo secolo, in cui ereditiamo e non abbandoniamo una rivoluzione industriale dell’agroalimentare che ha stravolto le abitudini.
I dati ci dicono che la popolazione umana è cresciuta di 12 volte rispetto a 50 anni fa e ciò genera una crescita della richiesta di cibo.
A questo aumento si sono adeguati i metodi dell’agricoltura e dell’allevamento diventando intensivi, con conseguenze disastrose in termini di sostenibilità, biodiversità e gestione delle vite degli animali da allevamento, i quali si ritrovano in condizioni atroci. “Il settore zootecnico - spiega Aimable Uwizeye, funzionario FAO per le politiche degli allevamenti - contribuisce al 15% del totale delle emissioni di gas serra, utilizza il 15% delle terre emerse come pascolo e il 40% dei terreni coltivati per la produzione di mangimi”.

Un’indicazione per un’alimentazione sostenibile è la riduzione del consumo di proteine animali, soprattutto di carne: l’allevamento degli animali è la seconda causa del riscaldamento globale (report UNEP). Il consumo di carne è passato dalle 70 milioni di tonnellate negli anni ’60 alle oltre 330 milioni nel 2017, insieme all’aumento del reddito medio e della popolazione mondiale.
Così si foraggia (letteralmente) il circolo vizioso degli allevamenti intensivi (secondo i dati Eurostat, circa il 72% degli animali allevati in Europa proviene da aziende intensive di grandi dimensioni).
Il nostro pianeta non può permettersi la concretizzazione delle stime che prevedono l’aumento, a livello globale, del numero degli animali da allevamento di circa il 50% entro il 2050.
Casca a fagiolo!

Se vi state chiedendo se sia possibile prevenire un risultato così drastico per il nostro pianeta (e per le generazioni a venire) senza rinunciare ai nutrienti proteici- e al gusto! - vi presentiamo il meraviglioso mondo dei legumi: economici, gustosi, versatili in cucina, ricchi di proprietà e di potenziale biodiversità, ma soprattutto sostenibili.
Alcuni legumi sono protagonisti di fiabe (“La principessa sul pisello”, “Jack e la pianta di fagioli”), altri addirittura dei riti tradizionali benauguranti (le lenticchie a capodanno).
I lupini fanno parte della dieta povera italiana come le fave, le taccole, le cicerchie e i fagioli.
Alcune fonti storiche ci dicono che la dieta dei gladiatori fosse a base principalmente di cereali e legumi.
Le infinite varietà fanno da sempre parte della dieta mediterranea e dell’alimentazione umana (da almeno 9000 anni).
Possono essere mangiati freschi, come i piselli, ridotti in farina, conservati, fatti fermentare o cagliare per ottenere dei derivati come tofu o tempeh.
Alcuni hanno un nome particolarmente evocativo, come i fagioli “copafam” (ammazzafame) della Val Camonica, un cibo nutriente che ha dato sostegno alle popolazioni delle valli bresciane.
I legami dei legumi
La Fondazione BCFN ci ricorda che “i legumi non sono solo una fonte di proteine, ma un presidio ecologico: sono in grado di assorbire azoto dall’atmosfera e trasferirlo al suolo, riducendo l’uso di fertilizzanti. Si tratta di una coltivazione particolarmente adatta alla rotazione, che è il pilastro di una agricoltura sostenibile”.
Usare meno risorse, ma usarle meglio!
La presenza dei legumi è testimoniata anche nei libri sacri di molte religioni e questo ci ricorda, oltre alla diffusione, anche la considerazione sociale e lo stretto legame tra identità-comunità-cibo.
Non a caso, in quasi tutte le religioni ci sono delle indicazioni sul rapporto con il cibo.

Nell’induismo uccidere gli animali è visto come un ostacolo sulla via verso il “paradiso”.
Sia induisti che buddisti credono nella reincarnazione e quindi che l’anima di un essere umano possa in futuro reincarnarsi in un animale ed è dunque vietato o sconsigliato mangiare animali.
Nella religione giainista, uccidere (anche gli animali) è proibito.
I cristiani che seguono i riti orientali (come i cattolici di rito alessandrino o greco-bizantino o i cristiani ortodossi) si astengono dall’assumere prodotti di origine animale durante i tempi del digiuno quaresimale.
Nell’ebraismo, come nell’islam, il consumo di carne deve essere limitato e, quando effettuato, deve seguire strette regole: avete mai sentito parlare di halal? È un termine arabo che significa ‘lecito’ e, quando applicato al cibo, indica una lunga lista di regole per la protezione ambientale e dell’animale, regole igieniche e di rispetto della vita dell’animale e della salute dell’uomo, insomma, una sorta di marchio registrato.
Due piccioni con una fava
Per un’esperienza che abbina la scoperta dei legumi alla scoperta di altre culture con le loro tradizioni culinarie (e simboliche), suggeriamo di arricchire la deliziosa cucina italiana con alcune ricette oltremare: falafel hummus, mujadara e baba ghannoush (eh sì, proprio quello della canzone di Madame e dei Pinguini tattitici nucleari!) se volete esplorare la cucina palestinese, libanese e siriana; la cicoria selvatica con fave alla pugliese se volete rimanere sul Mediterraneo.
Se, invece, volete navigare ancora più lontano, potete provare il wat di ceci etiope, il tofu con salsa di soia, il kitchari con lenticchie e il rajma masala, il gallo pinto della Costa Rica con i fagioli neri, risi e bisi alla veneta, il long bean paht peht thailandese, un piatto fumante di fagioli all’uccelletto o di ribollita toscana e, perché no, qualche akara, un dono dalla cucina dell’Africa Occidentale… e per dessert? Il dolce della luna della tradizione cinese e i dorayaki giapponesi con salsa dolce di fagioli azuki.
Insomma, i legumi potete mangiarli e cucinarli in tutte le salse, facendo un viaggio di sapori attraverso tutto il mondo.
Babel – Bergamo Città dei Mille Mondi è la rivista semestrale gratuita delle Acli di Bergamo, nata all'interno del laboratorio di Molte Fedi per offrire alla cittadinanza uno strumento per conoscere e comprendere le trasformazioni della nostra città.