20 aprile 2021
di Adriano Marconi
Graphic Novel
Non so a voi, ma a me piace molto leggere storie “disegnate”.
Intendo quei libri che una volta si chiamavano fumetti e che adesso vanno genericamente sotto il nome di graphic novel, forse per sottolinearne l’evoluzione verso forme di racconto più vicine al romanzo.
E, come del resto per i testi solo “scritti”, nell’ambito del graphic novel si possono trovare racconti di genere letterario diverso: storie di fantasia, gialli, polizieschi, storie vere, storie ispirate alla Storia, racconti di viaggio, narrazioni di esperienze vissute, narrazioni di eventi dalla cronaca…
Per consigliarne alcuni prendo qua e là tra i vari generi, in una produzione che si va sempre più ampliando.
Comincio con un racconto di fantasia.

Teresa Radice - Stefano Turconi
NON STANCARTI DI ANDARE – Bao Publishing, 2017, pagg. 311
«È un'opera di finzione. E come tale, tra queste pagine c'è ben poco di inventato»
Così dice di questo romanzo Teresa Radice che scrive le storie che poi Stefano Turconi disegna.
Non stancarti di andare è la storia d’amore di Iris, disegnatrice veneziana e Ismail, insegnante di storia dell’arte, siriano. Prima di iniziare la convivenza nella loro nuova casa di Verezzi, Ismail deve recarsi in Siria per alcune incombenze.
Una volta a Damasco si trova bloccato a causa della situazione di guerra e dovrà lottare per riuscire a tornare… nel frattempo Iris scopre di aspettare un bambino…
321 tavole a colori fitte di testo, divise in dieci capitoli e strutturate su un lungo arco temporale per narrare una storia d’amore, ma non solo: le vite dei protagonisti prima del loro incontro, le vite delle loro famiglie, le descrizioni dei contesti e dei tragici avvenimenti in cui si svolgono si intersecano con la narrazione dell’amore di Iris e Ismail, permettendo così al romanzo di acquisire un respiro più ampio.
Variazioni di spazio e di tempo che vengono rese non solo nel testo, ma anche graficamente con differenze nello stile, nei colori e nei tratti.
Un romanzo “grafico” intenso e coinvolgente per riflettere sull’esistenza, sulla distanza e le barriere che la alimentano, sulle generazioni, sull’amore.

Altra impostazione e diverso stile per il libro della scrittrice e illustratrice tedesco-americana
Nora Krug
HEIMAT – Einaudi editore, 2019, pagg. 288
“Qui tutti, tranne me, sanno qual è il mio posto.”
Nora Krug, di origini tedesche, vive a Brooklyn e ha un marito ebreo.
Nora si sente profondamente tedesca, ama la sua patria di origine, la sua Heimat (sostantivo che in tedesco indica sia patria che casa), ne ha nostalgia. Ma proprio per questo ha bisogno di sapere, di ricostruire la storia della propria famiglia, di interrogare i suoi genitori per rispondere alla domanda: “siamo stati complici dei nazisti?”.
“Per me la questione della Heimat è indissolubilmente legata a quella della Schuld, della colpa. Si intersecano e si inseguono per tutto il libro. Da un lato c’è la domanda da dove vengo, e cosa ha fatto la mia famiglia durante la guerra. Dall’altro cosa vuol dire essere tedesca per me […] Heimat è un tentativo di capire meglio, piuttosto che quello di trovare risposte”, ha dichiarato in una intervista.
Una indagine accuratissima svolta setacciando archivi, ricercando foto e cimeli, interrogando persone e ricostruendo memorie: di tutto questo c’è traccia nel libro attraverso racconti, interviste, considerazioni, disegni, fotografie, articoli di giornale, cartoline d’epoca, mappe, descrizioni accurate di oggetti… un vero e proprio “album di una famiglia tedesca”, come recita il sottotitolo.
Un libro originale, pluripremiato negli Stati Uniti, che merita di essere conosciuto, un “modo geniale di fare i conti con il proprio passato” (come recensito dal The New York Times).
Altri autori raccontano invece le loro esperienze e, in questo modo, ci aiutano a capire e conoscere mondi e storie lontani da noi.
In particolare scelgo due autori: Guy Delisle e Takoua Ben Mohamed.
Non senza però prima aver ricordato due libri che si possono considerare “classici” del genere: Persepolis, di Marjane Satrapi (divenuto anche un film), in cui l’autrice narra la storia della sua vita dall’infanzia in Iran all’età adulta, e Palestina di Joe Sacco, diario di una permanenza di due mesi (tra la fine del 1991 e l’inizio del 1992) in Israele e nei Territori Occupati.
Guy Delisle, classe 1966, canadese, è un professionista del fumetto e dell'animazione. Ha raccontato in alcuni libri le sue esperienze di viaggio, di lavoro e di permanenza in Asia (Shenzhen (2001), Pyongyang (2003) e Cronache Birmane (2007).
Nel 2012 ha vinto il premio come miglior fumetto dell’anno al Festival International de la bande dessinée di Angoulême con

CRONACHE DI GERUSALEMME – Rizzoli Lizard, 2012, pagg. 336
Nell’agosto del 2008 Guy si trasferisce a Gerusalemme perché Nadège, la sua compagna, deve partecipare a una missione di Medici Senza Frontiere. Con loro i figli Louis, 5 anni, e la piccola Alice. Vivranno per un anno in una casa di un quartiere della zona est di Gerusalemme, Beit Hanina, originariamente un villaggio arabo che è stato annesso nel 1967, in seguito alla Guerra dei sei giorni.
Quella raccontata da Guy Deslile è la quotidianità: fare la spesa, accompagnare a scuola i figli nel traffico di Gerusalemme, tenere workshop di grafica e fumetto, bighellonare oziosamente in giro alla ricerca di un caffè o uno scorcio da disegnare.
Sullo sfondo però gli avvenimenti del periodo (è l’anno in cui Israele è sconvolto dalla Operazione “Piombo Fuso”, l’offensiva dell’esercito israeliano contro Hamas nella Striscia di Gaza, con centinaia di vittime anche fra i civili) e le difficoltà di vivere in un quartiere molto diverso dalla Gerusalemme mostrata nelle guide turistiche: una vita quotidiana fatta di checkpoint e frontiere, perquisizioni, interrogatori, una società in cui convivono laicità e ultraortodossia, tensioni e contrasti millenari, speranze, rabbia e frustrazioni.
Un reportage a fumetti molto ben disegnato e assai piacevole da leggere, con un segno grafico nitido e semplice.
Caratteristiche grafiche che si ritrovano anche nei libri di Takoua Ben Mohamed.
Takoua, che nel 2019 è stata ospite di Molte fedi sotto lo stesso cielo per un incontro di un Itinerario proprio sul Graphic Novel, è fumettista e illustratrice italiana di origine tunisina.
È venuta a Roma dalla Tunisia nel 1999, a otto anni, per raggiungere con la sua famiglia il padre, esule politico rifugiatosi in Italia per fuggire dalla dittatura del regime tunisino.

In
SOTTO IL VELO – Becco Giallo, 2016, pagg. 112
Takoua racconta e disegna la sua scelta libera di portare il velo e che cosa ciò ha comportato nella sua vita in Italia.
Scelta che in una intervista spiega così:
“Ho iniziato a indossarlo per scelta. Per tanti motivi, in realtà. Le motivazioni personali che mi hanno portato a fare questa scelta religiosa sono nate dal post 11 settembre. Essendo nata in una famiglia di attivisti e rivoluzionari, sono cresciuta con l’idea di difendere sempre la libertà d’espressione. Dopo l’11 settembre ero ancora piccola ma abbastanza cosciente da capire che stavamo vivendo un cambiamento sociale che avrebbe potuto vedere il velo e l’islam in maniera distorta, influenzata dalla politica e dalla disinformazione mediatica. Il primo giorno che ho iniziato a portare il velo avevo 11 anni, un bambino della mia età mi ha dato della “talebana, terrorista”, sono andata da lui e gli ho chiesto perché mi stava dicendo quelle cose e lui ha risposto con “non lo so!”. Da quel momento, informandomi qui e lì anche sugli aspetti religiosi, ho deciso di indossarlo sempre.”
Un fumetto che descrive sì la quotidianità di un a ragazza velata (e lo fa anche in modo ironico), ma che attraverso questo affronta temi più ampi (pregiudizi, discriminazioni, razzismo e xenofobia, diritti umani, culture …).
Un libro “scritto” a partire dalle diverse culture e linguaggi su cui Takoua si è formata: una varietà linguistica e culturale che va dall’inglese e francese a espressioni in dialetto romano, all’arabo tunisino, con riferimenti a culture diverse, tra cui la cultura pop della sua generazione.

Solo dopo la Rivoluzione dei gelsomini Takoua è tornata a visitare la Tunisia e ha raccontato questa esperienza nel suo
LA RIVOLUZIONE DEI GELSOMINI – Becco Giallo, 2018, pagg. 248
Un viaggio che le consente di narrare gli avvenimenti di quel periodo e ciò che ha portato a quelle ribellioni, riflettendo in questo modo su migrazioni, sicurezza, integrazione, identità plurale.
E contemporaneamente di raccontare la storia della sua famiglia, la sua stessa storia, la storia di una bambina che, cresciuta in Italia da genitori non italiani, di Roma dice:
“È la città dove sono cresciuta, che ha forgiato il mio carattere, il mio modo di pensare. La città dove ho studiato, dove ho fatto i capricci, dove ho costruito la mia carriera. La sento casa. Quando sono a Roma gli altri mi danno della tunisina, e quando vado in Tunisia mi danno dell’italiana. A Roma invece ho potuto costruire la mia identità interculturale, e non è solo romana o tunisina.”
ma che di questo viaggio afferma:
“Non so se questo mio viaggio è un viaggio di andata oppure di ritorno. Non so dov’è casa mia: se nel profondo sud della Tunisia, in mezzo al deserto, o nelle strade più trafficate di Roma.”