SBIRCIARE LA BELLEZZA
di Rosella Ferrari
Sbirciare è un termine da bambini: sono loro che, curiosi, aprono piano una porta (un’anta, un coperchio, un cassetto...) per scoprire cosa c’è dietro. E di solito trovano tesori, perché tutto per i bambini può essere un tesoro davanti al quale sostare, gli occhi pieni di ammirazione.
Noi ora imitiamo i bambini: apriamo piano delle porte, sbirciamo all’interno e scopriamo dei tesori. Magari conosciuti, magari no. Forse soffermandoci ammirati su qualche particolare che non può sfuggire, perché è bellezza.
LA NIKE DI BERGAMO
Questa volta siamo in città bassa, proprio nel cuore della città moderna. Siamo davanti alla Torre dei Caduti, che sembra fare eco alla Torre Civica (il campanone) in città alta. La città antica e quella moderna unite dagli elementi architettonici…
Siamo nel centro della città nuova, costruito all’inizio del secolo scorso dopo la demolizione dell’antica Fiera, ormai inutilizzata e divenuta luogo di degrado.
Nel 1906 il Comune, alla ricerca di un progetto che riqualificasse l'antica zona fieristica, indisse un concorso che però non portò progetti soddisfacenti, soprattutto perché avevano il difetto di coprire il profilo della città alta. Così l'anno successivo ne fu indetto un secondo, al quale parteciparono ben ventisette progettisti: venne scelto il progetto definito Panorama, presentato dall'architetto Marcello Piacentini e dall’ingegner Giuseppe Quaroni.
Venne costituita la S. A. Società per la Riedificazione della Fiera (poi S.A. Immobiliare della Fiera), che aveva come scopo l'edificazione dei palazzi che avrebbero ospitato le principali attività commerciali, finanziarie e amministrative. Iniziarono così i lavori di demolizione degli edifici della fiera e successivamente quelli per la costruzione del nuovo centro cittadino.
Ovviamente, il progetto era stato diviso in lotti: il primo portò all'edificazione, nel 1914, del palazzo della Banca d'Italia seguito, nei mesi successivi, dagli altri palazzi. Il progetto piacentiniano prevedeva anche la costruzione di una Torre dedicata ai caduti della Grande Guerra.

Iniziata nel 1920, la torre avrebbe dovuto essere terminata entro il 1923, ma una tragedia bloccò i lavori. Il 22 ottobre 1923, a causa di forti piogge, il bacino della diga del Gleno si riempì completamente per la prima volta. A causa di un cedimento strutturale, il 1º dicembre 1923, alle ore 7,15, la diga crollò. Sei milioni di metri cubi d'acqua, fango e detriti precipitarono dal bacino artificiale posto a circa 1.500 metri di quota, portando morte e distruzione.
La Banca Popolare decise di sospendere i lavori di edificazione della torre e di devolvere il denaro destinato al suo completamento alle famiglie e alle realtà economiche che avevano subito perdite o tracolli per il disastro.
I lavori ripresero l’anno successivo e la Torre dei Caduti venne inaugurata solennemente il 27 ottobre 1924, alla presenza di Mussolini, che, oltre al ricordo dei Caduti, le “affidò” il compito di esaltare e consolidare l’unità d’Italia.
Guardiamola ora con un po’ attenzione, la nostra torre…
Costruita in arenaria di Bagnatica, a pianta quadrata, è alta 45 metri e presenta un importante “balcone” inserito in un’elaborata cornice di marmo. Sotto il balcone, sostenuto da peducci costituiti da quattro teste che richiamano le “armi” che hanno combattuto nel corso della Grande Guerra, spicca una grande lapide, che riporta le parole del discorso di dichiarazione della vittoria, pronunciato dal generale Armando Diaz.

La struttura del balcone è sovrastata da un timpano sul quale poggia la targa dell’intitolazione della torre stessa: “Ai gloriosi suoi caduti Bergamo riconoscente. MCMXV – MCMXVIII”.

E proprio sopra la lapide, in una nicchia squadrata, arriviamo alla nostra “scoperta” di oggi. Perché accade spesso, e lo sappiamo tutti, che il tesoro sia sotto i nostri occhi e noi non lo vediamo…
La statua di bronzo che è il cuore dalla nostra torre è opera di Alberto Faino, artista nato a Bergamo nel 1885 da madre bergamasca e padre ligure: un artista dalla vita avventurosa e affascinante, che dovrebbe essere più conosciuto in Italia, anche per il suo amore per la Patria che non volle mai rinnegare e che per questo morì.
Nel 1923 Faino eseguì la “nostra” statua, che raffigura l’Italia vittoriosa.
La donna forte, seduta su un trono, sembra sporgersi verso di noi: ha un piede poggiato a terra mentre con l’altra gamba sembra puntarsi per sollevarsi, quasi quella nicchia squadrata le stesse decisamente stretta.
È un’Italia che ha combattuto, e lo dimostrano l’elmo e la spada, ma ora è in pace: la spada che regge con la mano sinistra, infatti, è rivolta verso terra, in posizione di riposo. Nella mano destra, invece, sorregge con leggerezza, quasi volesse porgerla ai nostri occhi, una sfera sovrastata dal nostro “tesoro” di oggi.

Eccola: è una piccola “nike”, una specie di angelo alato. È un’immagine della Grecia classica che rappresenta la vittoria. Dall’alto della nostra torre, l’Italia ci sta dicendo che la guerra è finita, e l’abbiamo vinta.
Ma il suo atteggiamento non è trionfale e nemmeno fiero: il volto dell’Italia, in parte coperto dall’elmo, mostra comunque con chiarezza un’espressione seria, dolorosa e consapevole.
Ha vinto la guerra, ma non può certo sorridere, pensando a tutti i giovani che hanno perso la vita nel conflitto mondiale.
È grazie a loro, è per loro, che può sollevare in alto la Vittoria.