SBIRCIARE LA BELLEZZA
di Rosella Ferrari
Sbirciare è un termine da bambini: sono loro che, curiosi, aprono piano una porta (un’anta, un coperchio, un cassetto...) per scoprire cosa c’è dietro. E di solito trovano tesori, perché tutto per i bambini può essere un tesoro davanti al quale sostare, gli occhi pieni di ammirazione. Noi ora imitiamo i bambini: apriamo piano delle porte, sbirciamo all’interno e scopriamo dei tesori. Magari conosciuti, magari no. Forse soffermandoci ammirati su qualche particolare che non può sfuggire, perché è bellezza.
Sono consapevole del fatto che per chi entra, magari per la prima volta, nella Basilica di santa Maria Maggiore il termine “sbirciare” non appare adeguato. Ma nemmeno un po’. Molti la chiamano, a ragione, la “chiesa dei bergamaschi”, visto che è di proprietà del Comune – quindi nostra - e ciascuno di noi è fiero di questo tesoro che racchiude al suo interno infiniti tesori: uno scrigno di bellezza, oltre che di storia e di fede. Noi, però, siamo alla ricerca di particolari che possono sfuggire, immersi in tanta bellezza.
La nostra ricerca ci porta oggi davanti ai gradini che portano al presbiterio, proprio dove ci siamo fermati moltissime volte ad ammirare, incantati, quel capolavoro che sono le tarsie, disegnate da Lorenzo Lotto e realizzate da quel genio di G. Francesco Capoferri. Ed è da qui, spostandoci giusto un po’ verso destra, che possiamo trovare il nostro tesoro di oggi.
Guardando la seconda immagine, quella che racconta il diluvio universale, dobbiamo seguirne con gli occhi l’angolo, che delimita l’accesso al presbiterio: è lì che potremo vedere il piedestallo della testata della fila di sedie destinate un tempo ai religiosi e che è, di fatto, un’altra tarsia, meno conosciuta delle altre ma assolutamente affascinante.
E’ una piccola immagine di circa 30 cm per lato che raffigura un amorino che spicca con forza sul fondo nero. Il titolo che Lorenzo Lotto da a questa immagine è “Amor sulla bilancia” e già questo toglie forza alle ipotesi di chi pensava ad un angioletto.


Vediamo un amorino che, con espressione intenta, stringe con forza, con entrambe le mani, l’anello della bilancia a due piatti sui quali egli stesso poggia i piedi. Le ali aperte, l’espressione intenta, il corpo teso evidenziano lo sforzo che sta compiendo e che ci pare umanamente senza speranza: com’è possibile per noi sollevare una bilancia sulla quale noi stessi siamo posti?
Qui entra in gioco la profonda conoscenza di Lorenzo Lotto e la sua passione per i motivi simbolici e alchemici. Amor rappresenta la nostra parte divina che ha il compito di guidarci verso la consapevolezza. Le fiammelle che ha sul capo rappresentano quel “fuoco sacro” che la preghiera e la meditazione ravvivano, favorendo la purificazione. Il corpo teso nello sforzo indica la fatica richiesta a chi vuole trovare e mettere in evidenza il proprio lato divino, sconfiggendo le colpe e gli errori provocati dal lato squisitamente umano.
Non c’è nulla di concreto a sostenere l’amorino, ad impedire che possa cadere a terra con tutta la bilancia, come sarebbe logico. Gli elementi che gli impediscono di cadere e gli consentono di sollevarsi e di sostenersi contro ogni legge umana sono la forza delle sue ali, la sua determinazione e soprattutto quelle fiammelle di fuoco sacro.
La leggera decorazione floreale che, come un filo, si sviluppa sulla parte superiore dell’immagine sostiene due nastri che scendono ai lati dell’amorino e che annodano due rami di palma, prima di scendere a creare delicate e sinuose volute.
Sotto l’immagine spicca, in lettere di legno chiaro sul nero dello sfondo, una scritta in latino, che suona come un’esortazione: NOSCE TE IPSUM, conosci te stesso.
Si tratta di una massima di Tano di Mileto, incisa nel frontespizio del Tempio dell’Oracolo di Delfi dedicato ad Apollo e riassume l'insegnamento di Socrate, teso alla ricerca della verità dentro di se attraverso le tre domande classiche: chi sono? da dove vengo? dove vado?
Con quel Nosce te ipsum Lotto sembra invitare noi a seguire il lavoro di scoperta e ricerca che ha caratterizzato tutta la sua vita, mettendo in evidenza come l’uomo – ogni uomo – possieda dei limiti che devono spingerlo verso la via della conoscenza, del sapere e della virtù. Si tratta di un lavoro immenso, difficile e faticoso, affascinante e sconvolgente: perché ci deve portare alla consapevolezza che in noi convivono materia e anima, che siamo una piccola parte di qualcosa di immenso che però senza di noi non sarebbe lo stesso.
Una piccola immagine per concetti davvero alti. Solo i grandi, i grandissimi artisti sono in grado di fare questo. Lorenzo Lotto, artista e pittore straordinario, ci regala moltissime occasioni di conoscenza e riflessione, in quell’unicum incredibile che sono le tarsie della Basilica, realizzate su suo disegno da un altro grande artista, Capoferri, che con Lotto trovò una sintonia unica.
Non posso chiudere senza una, sia pure piccola, descrizione della tecnica usata per le tarsie. Si tratta di quadri fatti esclusivamente di legno. Legno di specie diverse – almeno 13 – preparato, tagliato in lamine e poi inciso per creare le forme richieste dal “cartone”, cioè dal disegno preparatorio, nella stessa grandezza, del Lotto. I pezzi così ricavati venivano incastrati gli uni negli altri, a creare un insieme incredibile.
Non c’è colore aggiunto, nella tarsie, solo i colori naturali del legno. Per intensificare i verdi Capoferri immergeva le parti di legno che gli servivano per gli alberi o i cespugli in una pozione di acqua nella quale erano state macerate erbe dal colore intenso. I particolari necessari venivano rifiniti alla fine del lavoro, molto spesso da Lorenzo Lotto stesso.
Grazie per aver letto… So che presto andrete in Basilica, a vedere dal vero il nostro “Amor sulla bilancia”!