SBIRCIARE LA BELLEZZA
di Rosella Ferrari
Sbirciare è un termine da bambini: sono loro che, curiosi, aprono piano una porta (un’anta, un coperchio, un cassetto...) per scoprire cosa c’è dietro. E di solito trovano tesori, perché tutto per i bambini può essere un tesoro davanti al quale sostare, gli occhi pieni di ammirazione.
Noi ora imitiamo i bambini: apriamo piano delle porte, sbirciamo all’interno e scopriamo dei tesori. Magari conosciuti, magari no. Forse soffermandoci ammirati su qualche particolare che non può sfuggire, perché è bellezza.
UNA CROCE DA SCOPRIRE
La nostra ricerca di tesori nascosti da sbirciare ci porta oggi sulle Mura. Da poco dichiarate dall’UNESCO “Patrimonio dell’umanità”, insieme ad altre fortificazioni dei territori “stato di terra e stato di mar” della Serenissima Repubblica di Venezia, le mura veneziane sono oggi un vanto per Bergamo e i bergamaschi.
Al momento della loro edificazione (a partire dal 1561) però, causarono molte sofferenze e danni ai cittadini, soprattutto a causa delle demolizioni di case, cascine, chiese, vigneti e oliveti necessarie per garantire un anello di terra libero, di almeno 50 passi di larghezza attorno all’intera cinta muraria.
Delle quattro porte che si aprono nelle mura, quella sulla quale ci soffermiamo oggi è la Porta di san Giacomo: la più “bella”, dice qualcuno. La più ricca, maestosa, vistosa, secondo me che trovo molto più bella ed elegante quella di s. Agostino

Comunque sia, la costruzione della nostra porta causò non pochi grattacapi agli architetti delle mura, non solo per l’angolo acuto – e quindi poco sicuro – del baluardo, ma anche per il problema del posizionamento della porta. Secondo il progetto originario dell’architetto incaricato, Sforza Pallavicino, questa avrebbe dovuto sorgere più vicino alla Piazza Mercato delle Scarpe, cosa che avrebbe però richiesto la creazione di un viadotto appoggiato su 16 pilastri, oltre alla distruzione di un maggior numero di case, molto fitte in quella zona.
Prima di qualsiasi decisione, in merito, però, occorreva liberare tutta la zona. Qui, oltre a molte case, vennero demoliti addirittura due luoghi di culto: la chiesa parrocchiale di san Giacomo e il convento domenicano di san Lorenzo.
In antichi documenti si legge: «il 7 agosto 1561 la chiesa parrocchiale di S. Giacomo della Porta, fu nel giorno d’hoggi, per la nuova fortificatione, desolata, sendosi destinate l’anime di questa parrocchia, parte a quella di S. Cassiano, et parte a quella di S. Salvatore”. E ancora: “11 novembre 1561: Per l’occasione della nuova fabbrica della città; essendo stato minato il famoso Convento di S. Stefano, alle due di notte scoppiò la mina, et cadè il nobil Monastero fra le proprie rovine sepolto”.
Possiamo immaginare lo sconforto, il dolore e la rabbia dei bergamaschi che, una volta di più, si vedevano privati delle loro case, dei loro terreni e delle loro chiese…
Tra il 1565 e il 1568 venne costruita, più a est rispetto alla quella attuale, la nuova porta che meno di 30 anni dopo venne spostata per ragioni di difesa in prossimità del baluardo di San Giacomo.
Nel giugno del 1592 “si cominciò la fabbrica della nuova porta di S. Giacomo, ch’edificata di bianchi marmi, indi riuscì la più bella et maestosa di tutte le altre, che si mirano nella fortezza”. Venne così ultimato anche il ponte di accesso, che sarà poi sostituito nel 1780 da quello in muratura, voluto dal Podestà Contarini, che ancora oggi vediamo.
Guardiamola velocemente, la nostra “porta di mezzogiorno”, cioè sud, perché ne vale la pena: ha un maestoso fronte in pietra di Zandobbio e presenta semicolonne toscane, modanature, e due pinnacoli che sovrastano la facciata. Il colore bianco/rosato della pietra di Zandobbio (è la cosiddetta dolomia) le regala una luminosità straordinaria, la rende visibilissima anche da lontano e, negli ultimi tempi, fa sì che venga usata come magnifico “schermo” per proiettare i colori: della bandiera italiana, di quella europea o di altri colori che hanno assunto significati importanti.

Sto divagando? Forse un po’… Ma quando abbiamo davanti “cose” così belle e ricche di storia, come si può non divagare un po’??
Ora però torniamo all’ordine, e quindi all’antica chiesa di san Giacomo, citata già nel 1172 ma della quale non ci sono molte notizie, se non che era una chiesa “viciniale”, cioè a capo di una vicinia (le vicinie erano le “parti” in cui era suddivisa la città). Venne demolita, come ho detto, nel 1561 e per un po’ di tempo fu sostituita dalla piccola chiesa della Madonna, poi rinominata “San Giacomo alla Porta”: è quella che noi conosciamo oggi come “Chiesa della Madonna del Giglio”, al “paesetto”.
Le proteste e il dolore dei fedeli per la perdita della loro chiesa ottenne però che un suo ricordo venisse conservato per sempre.

Ecco, siamo arrivati al nostro tesoro di oggi, del quale avete già scoperto l’ubicazione dalla foto numero 1: uscendo dalla Porta di San Giacomo, percorriamo per pochi metri la strada che scende verso il borgo: proprio all’angolo dello sperone delle mura, alziamo lo sguardo fino a raggiungere il “toro”, cioè quella specie di cornicione bombato che spicca nel tessuto murario.
E lì, credo con un po’ di emozione, possiamo vedere, murata, una grossa pietra fatta a croce.
Ecco, questa croce è il nostro tesoro di oggi.

È lì a ricordare un’antica chiesa distrutta, ma anche la gente che frequentava e amava quella chiesa e che volle che la sua memoria venisse conservata nei secoli.
Molti di noi, forse, non l’hanno mai notata. Ma sono certa che ora, salendo o scendendo dalla strada di accesso alla Porta di san Giacomo, molti tra noi alzeranno lo sguardo a cercare una croce: così facendo avremo esaudito il desiderio dei nostri antenati, che volevano che la loro chiesa non fosse dimenticata.
E nemmeno la natura l’ha dimenticata: per questo i fiori spontanei si sporgono ad abbracciare quell’antica croce.