24 aprile, il ricordo della tragedia al Rana Plaza

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24 aprile 2021
@FridaysForFutureBergamo

Ogni anno da ormai otto anni a questa parte, c’è una data che non tutti ricordano: è il 24 aprile, giorno in cui, nel 2013, è avvenuto il crollo del Rana Plaza a Dacca, capitale del Bangladesh. È considerato il più grave incidente mortale avvenuto in una fabbrica tessile, che ha causato la morte di 1.138 operai e ne ha feriti altri 2.500.

Questo episodio drammatico ben rappresenta il funzionamento e le logiche presenti nell’industria della moda: nonostante l’edificio Rana Plaza fosse stato dichiarato insicuro, i lavoratori, principalmente giovani donne che creavano abiti per i più grandi marchi di moda nel mondo, sono stati costretti a tornare al lavoro.

Tra le macerie sono stati identificati 29 marchi, da cui la gran parte di noi si rifornisce, attratta dai bassi prezzi dei capi. Bassi prezzi che nascondono realtà di sfruttamento sociale e ambientale.
Non sapremo mai con certezza se alcuni vestiti che abbiamo acquistato, per pochi euro, sono stati realizzati proprio da questi operai, morti sul luogo di lavoro perché i profitti di pochi evidentemente contavano più delle loro vite.

Oltre all'aspetto etico sappiamo che questo sistema di produzione, che induce i consumatori ad acquistare nuovi capi di vestiario più di quanto in effetti ne necessitino, provoca un enorme impatto negativo a livello ambientale. Basti pensare alla domanda sempre crescente di terreni agricoli per la produzione di cotone, viscosa, lana, gomma, cuoio e altre fibre naturali, oltre che allevamenti di bestiame che sottraggono spazio all'agricoltura e causano deforestazione.

Certamente sappiamo che ad alimentare questo ingiusto sistema non sono solo i grandi imprenditori a capo delle industrie tessili, ma tra i primi responsabili ci siamo anche noi, che con le nostre scelte abbiamo la capacità di cambiare il sistema che ci circonda.
Prima di darci allo shopping sfrenato, fermiamoci a riflettere sul costo reale dei capi che stiamo per acquistare. E oggi, ma non solo, prediamoci un attimo per ricordare queste vittime.