SBIRCIARE LA BELLEZZA
di Rosella Ferrari
Sbirciare è un termine da bambini: sono loro che, curiosi, aprono piano una porta (un’anta, un coperchio, un cassetto...) per scoprire cosa c’è dietro. E di solito trovano tesori, perché tutto per i bambini può essere un tesoro davanti al quale sostare, gli occhi pieni di ammirazione.
Noi ora imitiamo i bambini: apriamo piano delle porte, sbirciamo all’interno e scopriamo dei tesori. Magari conosciuti, magari no. Forse soffermandoci ammirati su qualche particolare che non può sfuggire, perché è bellezza.
ALLA RICERCA DI UN LEONE…

Questa volta non dovremo aprire una porta, per sbirciare… ci basterà semplicemente alzare gli occhi.
Ci troviamo nel cuore della Città Alta, davanti al Palazzo della Ragione, anticamente Palazzo Comunale. Luogo di importanza storica fondamentale per la vita della città, è citato nei documenti già dal 1198 (il più antico d’Italia, insieme a quello di Pavia) e aveva il fronte rivolto verso la piccola piazza di san Vincenzo, oggi Piazza del Duomo.
Quando, nel 1428, Bergamo passò sotto il governo della Repubblica di Venezia, venne decisa la costruzione di una piazza più grande, che ovviamente poteva trovare posto solo sul lato nord: nacque così quella che noi oggi chiamiamo piazza Vecchia.
Dalla metà del 1400 il governo veneziano adibì il Palazzo Comunale a luogo dove si amministrava la Giustizia, mentre per le assemblee cittadine vennero previsti spazi diversi. Da allora il Palazzo Comunale divenne Palazzo della Ragione.
Il nuovo assetto della zona rese necessario ribaltare la facciata del Palazzo della Ragione, che doveva insistere sulla nuova, grande piazza: vennero così aperte sulla piazza le arcate del lato nord e nel muro del Palazzo vennero “tagliate” le due trifore laterali e quella centrale, dotata di balcone e ora sormontata dall’immagine del leone alato, emblema della Serenissima (perché simbolo del patrono di Venezia, l’evangelista Marco).

E ora ci facciamo un bel salto temporale e arriviamo a noi, che oggi stiamo passeggiando intorno al Palazzo della Ragione. Perché il leone che cerchiamo si trova proprio qui. E non è – attenzione – quello sulla facciata. E non sono nemmeno, ovviamente, i due che stanno di guardia fuori dall’ingresso della Basilica di Santa Maria Maggiore dalla parte della Piazza del Duomo…
Ce n’è un altro, che dobbiamo (dovete) cercare.
Piccolo aiuto: da “sotto il portico” guardate verso il bellissimo portone di accesso al Museo del 500 e al Campanone: su uno dei due pilastri, quello più a destra per la precisione, c’è un magnifico capitello che raffigura il nostro leone di oggi, e non solo. Si tratta, infatti, di un capitello composito, che presenta immagini diverse: sullo spigolo a sinistra si vede infatti un abaco antropomorfo (un volto umano: ce n’è un altro sullo spigolo successivo), poi dei fregi vegetali a bassorilievo e altri ad altorilievo. Circa a metà di questo lato del capitello arriviamo alla scena che riguarda il nostro leone.
A sinistra da una foglia sbuca un uomo, che si tiene la mano sul petto e ha un’espressione intensa e spaventata. Sulle altre foglie poggia tre zampe il nostro leone, mentre la quarta è posata sulla testa di un leoncino sdraiato sulla schiena, quindi indifeso.

Nel medioevo gli animali e i vegetali non erano raffigurati per puro piacere estetico: ognuno di essi era, di fatto, un simbolo, cioè rappresentava qualcosa di “alto” e molto più importante di loro.
Gli antichi testi, a cui attinsero a piene mani gli autori del “bestiari” medievali, riportano molte leggende che riguardano il leone, che da sempre riveste il ruolo di re degli animali. Una racconta che il leone dorme sempre con gli occhi spalancati, per non rischiare di essere sorpreso, altre si riferiscono alle diverse caratteristiche del leone.
Quella che a me piace di più – e che ritroviamo nel “nostro” leone – racconta che i leoncini nascono morti, e tali rimangono per tre giorni, finché il papà leone non arriva nella tana per soffiare nella bocca dei suoi cuccioli l’alito vitale: è solo allora che i leoncini iniziano a vivere.
I richiami sono evidenti: da una parte a Gesù, che rimarrà preda della morte per tre giorni, prima di risorgere; dall’altra al Creatore, capace di spandere il suo alito per dare la vita alle forme che, secondo una delle descrizioni della creazione dell’uomo in Genesi, aveva plasmato con la terra e l’acqua.
Nei bestiari le caratteristiche dei leoni erano descritte anche attraverso le posizioni e le forme: quello come il nostro, massiccio e con la criniera a riccioli, era del genere più tranquillo e poco pericoloso, capace di clemenza verso chi non lo sfidava. E ora guardiamolo, il nostro bellissimo leone: ha gli occhi grandi e ben spalancati, i peli del volto e quelli del corpo sono riccioluti, la posizione tranquilla, la coda rilassata. L’uomo dietro di lui lo teme e lo rispetta, per questo sappiamo che il leone non gli farà del male…
Sullo spigolo di destra vediamo, a terra, il leoncino, che ha gli stessi occhi grandi e spalancati del padre. Sdraiato sulla schiena, ha il muso rivolto verso il padre, dal quale ha appena ricevuto il soffio vitale: ora inizia a vivere.