"Non lasciare che il nostro orgoglio sia il tuo pregiudizio"
È il primo febbraio del 2013 e Nazma Khan, newyorkese originaria del Bangladesh, decide di lanciare una campagna a sostegno delle donne musulmane che, come lei, indossano l'hijab. Khan è stufa delle occhiatacce, degli insulti detti a mezza voce alle sue spalle o urlati direttamente in faccia con odio. È cresciuta nel Bronx e sa bene cosa vuol dire essere l'unica ragazza musulmana della classe, l'unica a indossare il velo. "Quando sono arrivata all'Università dopo l'11 settembre, mi chiamavano 'Osama bin Laden' o 'terrorista'. Era terribile. È stato allora che ho pensato che l'unico modo per porre fine alla discriminazione è chiedere alle nostre sorelle di provare l'esperienza dell'hijab sulla loro pelle".
Così, Khan lancia il World Hijab Day, una giornata in cui tutte le donne - di ogni nazionalità, background o religione - sono invitate a coprirsi il capo con un velo per sperimentare ciò che le donne musulmane vivono ogni giorno e iniziare così a combattere insieme l'islamofobia.
L'evento ha successo, partecipano molte donne che poi raccontano la loro esperienza. L'anno dopo l'iniziativa si ripete, nel 2017 lo Stato di New York riconosce la giornata mondiale dell'hijab e nel 2018 nasce la World Hijab Day Organization, un'organizzazione senza scopo di lucro che combatte la discriminazione contro le donne musulmane attraverso progetti di sensibilizzazione.
"Non lasciare che il nostro orgoglio sia il tuo pregiudizio", ecco lo slogan di questa edizione - con tanto di hashtag ufficiale #EndHijabophobia - e rende bene l'idea. L'iniziativa di Khan, ormai diffusa in tutto il mondo, parte infatti dalla sorellanza invitando tutte le donne che non indossano il velo a provare a farlo per un giorno, mettendosi letteralmente nei panni delle sorelle musulmane. Il punto è che la discriminazione che queste sperimentano si percepisce a pelle ed è strettamente legata al loro aspetto e alla loro stessa identità, stigmatizzata e ridotta a stereotipo dalla società occidentale.
La scelta di indossare l'hijab, anche se libera e dettata dalla propria fede, viene infatti spesso vista come simbolo di oppressione e, allo stesso tempo, scatena sentimenti di paura legati al terrorismo islamico. Tutto questo, neanche a dirlo, è frutto di pregiudizi, dell'idea che la società occidentale debba "salvare" le donne musulmane dai dettami che la religione impone loro e dall'ignoranza che fa nascere la paura per ciò che appare "diverso".
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